Il tradimento è indubbiamente un’azione turpe, inaccettabile, contraria a ogni codice umano, eppure, nonostante sia un atto ripugnante, i tradimenti e i traditori hanno attraversato la storia, talvolta orientandone il corso in modo determinante.
Al tema dei traditori e delle loro abiette pratiche Domenico Vecchioni, diplomatico di lungo corso ma anche apprezzato storico, autore di numerosissimi saggi, ha dedicato uno dei suoi ultimi lavori, dal titolo “I grandi tradimenti della storia”.

Ambasciatore Vecchioni la prima domanda, facendo il verso a un celebre conduttore televisivo, nasce spontanea, perché ha preferito nel titolo del suo bel saggio porre l’accento sui tradimenti piuttosto che sui traditori?
Lei ha toccato un puctum dolens. In effetti ha ragione. Il libro verte più sulle personalità dei grandi “traditori” e meno sull’architettura dei loro tradimenti… Il fatto è che il titolo lo sceglie l’editore e lui ha preferito “tradimenti”. Tutto qui.
Lei nel libro edito da Rusconi ha raccontato ventiquattro storie di tradimenti eccellenti, come ha scelto i vari protagonisti?
In maniera alquanto arbitraria, lo confesso. Ho seguito il filo delle mie preferenze storiche per cercare di fornire un ventaglio delle diverse motivazioni che possono spingere al tradimento (ideologia, denaro, ambizione, vendetta, codardia ecc), toccando diverse epoche storiche.
Immagino che inizialmente il numero dei traditori da inserire fosse molto più ampio, le posso chiedere se si è pentito di aver lasciato fuori qualcuno dal suo libro?
Trattare in maniera sistematica dei traditori storici avrebbe richiesto non un libro, ma un’enciclopedia. Anche perché spesso anche le spie sono considerate dei traditori. Una miniera, cioè, inesauribile di personaggi e d’informazioni. Chi mi pento di aver lasciato fuori? Forse Caino, Guy Fawkes (“la congiura delle polveri”), La Malinche, Boursicot (la spia francese che amò una donna cinese, la quale in realtà era un uomo, agente dei servizi di Pechino) ecc. Mancanze peraltro che potrebbero spingermi a integrare le prime 24 storie o, meglio, a scrivere il tomo II dei grandi tradimenti.
Il primo infedele descritto e non poteva che essere altrimenti, è Giuda Iscariota, il traditore per antonomasia, non a caso messo da Dante Alighieri nelle fauci di Lucifero. Che idea si è fatto sull’uomo Giuda ma soprattutto sul personaggio Giuda che rappresenta l’essenza stessa del tradimento?

Parlare di Giuda è sempre complicato, perché è inevitabile che nella narrazione si mescolino elementi storici, religiosi, politici e culturali. Rimane in realtà il mistero delle motivazioni che spinsero Giuda a tradire il figlio di Dio. Brama di soldi, sete di vendetta, patriottismo esacerbato? O forse è stato l’inconsapevole strumento
della volontà di Dio? Come spiego nel libro, senza il suo tradimento, senza la conseguente condanna a morte di Gesù, probabilmente la religione cristiana non avrebbe avuto un impatto così forte sulla popolazione e non si sarebbe consolidata né diffusa per il mondo. Domande alle quali, in ogni caso, ciascuno potrà dare una risposta in base al proprio retroterra politico, culturale e religioso.
Da sempre, trovo molto affascinante la figura di Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord, forse il prototipo del voltagabbana, un uomo che ha sublimato il tradimento rendendolo una sorta di vera e propria arte. Chi è stato Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord?
Certo Talleyrand è considerato un uomo per tutte le stagioni, un traditore che ha finito per ingannare tutti i regimi per i quali ha lavorato. Ma, a ben riflettere, i suoi tradimenti, fatti sempre nell’interesse della Francia, somigliano piuttosto a lucide visioni politiche di ampio respiro, che gli facevano intuire il momento del
decadimento del sovrano che serviva e l’avvento del nuovo regime che avrebbe servito. In realtà Talleyrand abbandonava i suoi sovrani quando questi s’allontanavano da ciò che avrebbe potuto favorire il paese. Tradì anche Napoleone, quando capì che la sua politica d’ininterrotte conquiste non coincideva più con gli interessi nazionali della Francia, che aveva invece tutto da guadagnare da una politica di stabilizzazione continentale, basata sull’equilibrio delle grandi potenze europee. Tradimento o lucida previsione politica? Il dubbio è legittimo.
Sulla base dei suoi studi ma anche della sua lunga esperienza nella diplomazia, a suo avviso, traditori si nasce o, invece, si diventa?
Non si può nascere traditori, perché il tradimento è frutto delle circostanze contingenti nelle quali ci si può trovare invischiati nel corso della vita. Teniamo conto inoltre che spesso il tradimento è il frutto di una libera scelta fatta per motivi ideologici e politici, nella convinzione di stare nella parte giusta. Così il traditore
“politico” ha sempre una doppia dimensione: eroe per il paese che ha servito, “Giuda” per il paese che ha ingannato. Prendiamo, ad esempio, il caso di Kim Philby. Dichiarato eroe dell’Unione Sovietica, è considerato a Londra il più grande traditore della Gran Bretagna. La sola categoria di traditori che non può avere attenuanti sul piano morale è – a mio avviso – quella che agisce per esclusivi motivazioni venali, per
soldi. Traditori quindi si diventa, non si nasce.
Nell’era dell’intelligenza artificiale, della tecnologia portata ai massimi livelli, il ruolo del traditore è mutato o, invece, è rimasto uguale a quello di secoli addietro?
Credo che la tecnologia renda solo più complesso il tradimento. Più complesso nel portarlo a termine (tra algoritmi e a.i.), più complesso nello scoprirlo. Sicuramente con conseguenze più devastanti dei tradimenti classici. La mano traditrice dell’uomo, tuttavia, sarà sempre necessaria per concretizzare un tradimento: il
venire meno cioè alla parola data, a un impegno solennemente assunto, alla fede manifestata, approfittando della buona fede e della fiducia altrui.